Cos’è Il Growth Hacking

Cos’è Il Growth Hacking

Growth Hacking: Il Segreto Delle Startup della Silicon Valley

 

Il growth hacking è una strategia di marketing per startups. Il termine growth hacking è stato coniato nel 2010 da Sean Ellis (leggi l’articolo qui) che ha aiutato numerose startup della Silicon Valley a crescere il numero dei loro utenti in modo esponenziale in pochissimo tempo.

Cosa differenzia una startup da un’azienda affermata e perchè il marketing classico non funziona per una startup?

  • Un’azienda affermata ha un prodotto definito, mentre una startup sta ancora affinando il suo prodotto per cercare quello che viene definito product/market fit (l’incastro perfetto tra il prodotto e il mercato)
  • Un’azienda affermata sa chi sono i suoi clienti. Una startup ancora non ha identificato i suoi clienti ideali.
  • Un’azienda affermata può permettersi di crescere un 5% all’anno, ed è considerato un buon risultato. Una startup deve crescere del 200% all’anno oppure è fuori dal mercato.
  • Un’azienda affermata ha ampi budget di marketing, una startup solitamente non ha fondi o ha fondi molto limitati.
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Qui entra in gioco il growth hacking, che è un insieme di tecniche a metà tra il marketing e l’ingegneria.

Mentre nelle aziende affermate ci si occupa di tanti aspetti (costruire un team di marketing, gestire i venditori, creare un piano strategico per raggiungere gli obiettivi aziendali eccetera eccetera) in una startup c’è bisogno di una sola cosa: crescita.

Ecco quindi cosa differenzia un marketer classico da un growth hacker:

  • Un marketer classico ha un focus molto ampio. Un growth hacker ha un unico focus: la crescita.
  • Un marketer classico usa la pubblicità. Un growth hacker usa la sua creatività per creare nuovi modi di diffondere un prodotto.
  • Un marketer classico doveva avere le competenze per promuovere prodotti fisici, tangibili. Un growth hacker promuove prodotti informatici: siti web, programmi, applicazioni per cellulari e cosi via, quindi deve possedere competenze diverse, di informatica o programmazione.

 

Cosa sono i prodotti che il growth hacker deve promuovere?

Solamente 50 anni fa i prodotti che le aziende producevano e vendevano erano solamente prodotti fisici: macchine, vestiti, detersivi, libri e così via. Oggi la maggior parte dei prodotti è virtuale. Sono programmi, ebook, applicazioni o siti web. E quelle competenze che servivano per promuovere prodotti fisici non sono più efficaci. Il tipo di prodotto condiziona anche la sua promozione. Internet ha creato un nuovo tipo di prodotti, e richiede un nuovo modo di pensare.

Cosa fa concretamente un growth hacker?

L’obiettivo del growth hacker è aumentare il traffico e le conversioni, per trasformare quanti più visitatori possibili in utenti.

Il growth hacking sfrutta questa nuova dimensione e utilizza tutti i canali di diffusione offerti da internet: siti web, landing pages, A/B testing, test sulle conversioni, email, condivisione con social media e tanti altri. Non si può quindi applicare a prodotti offline, perchè prodotti fisici non consentono lo stesso livello di condivisione con altri utenti, di test e ottimizzazione.

Il lavoro del growth hacker inizia con la costruzione del prodotto stesso. Non si può più ragionare come prima: gli ingegneri producono, i venditori vendono. Oggi occorre pensare alla crescita già al momento della creazione del prodotto. Come ha fatto Dropbox a crescere il numero dei suoi utenti da zero a 200 milioni in pochi anni? Inserendo uno strumento di diffusione del prodotto nel prodotto stesso: un bonus per ogni referral (ovvero ogni qualvolta inviti un amico a registrarsi su dropbox ricevi spazio gratuito). In questo modo non c’è bisogno di spendere grosse cifre in pubblicità, è il prodotto stesso a promuoversi, perché ogni utente è invogliato a invitare nuovi utenti.

Per esempio, offrire un ebook gratuito ad un utente per invogliarlo a registrarsi alla nostra newsletter non è una tecnica che fa crescere i nostri visitatori. Questo ci consente solo di trasformare i visitatori in utenti. Ma come attiriamo più visitatori? I metodi più usati recentemente sono social media e campagne a pagamento. Con questi due canali attiriamo visitatori, ma una volta che il visitatore si è registrato il processo è finito. Il nostro sforzo per acquisire un utente ci porta, effettivamente, un utente solo, dopodichè dobbiamo ricominciare a pagare AdWords o fare campagne sui social per acquisirne un altro. Questo, ovviamente, non porta a nessuna crescita virale.

Se invece diamo ad ogni utente che si registra un buon motivo per portare più utenti, abbiamo chiaramente una crescita virale. Dropbox ha deciso di dare spazio gratuito sui loro server se inviti un amico. Groupon, per lo stesso motivo, ti offre un coupon da spendere sul loro sito così come AirBnB. Queste startup hanno deciso di motivare i loro utenti non solo a usare il loro servizio ma a diffonderlo. Tecnicamente, fanno parte del tuo team di marketing.

Sono tanti gli esempi di startup che hanno visto questa “crescita virale” grazie a tecniche di growth hacking, e ognuna usa tecniche diverse. Non ci sono ricette preconfezionate. Ma tutte hanno in comune una cosa: il loro obiettivo primario è la crescita e tutti i loro sforzi vanno in quella direzione.

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Una nota linguistica: non esiste una traduzione diretta di growth hacking in italiano. Il termine hacker si può riferire a:

  • una persona creativa, geniale e brillante, che trova soluzioni nuove dove altri non ne vedono (per esempio esiste il sito lifehacker.com dove trovi articoli su come essere più produttivo. In questo caso hacker significa “persona che trova dei modi nuovi, creativi e intelligenti di vivere la vita in modo produttivo)
  • un informatico o un programmatore
  • un hacker nel senso più comune che utilizziamo in italiano, ovvero una persona che irrompe nei sistemi di sicurezza e accede a dati privati.

 

Un growth hacker è un insieme di queste tre definizioni: è una persona creativa e geniale, solitamente con conoscenze informatiche o di programmazione e  che spesso si spinge al limite di ciò che è socialmente accettato.

Il termine hacker in inglese ha moltissimi significati. Su Wikipedia c’è un’intera pagina di spiegazione su come sia nato il termine hacking (e hacker) ma non si riesce a trovare un termine italiano che esprima tutti i significati inclusi dentro il termine hackers.

Se proprio vogliamo dare al growth hacker delle definizioni italiane (e ti avviso prima, suonano tutte un po’ innaturali) potremmo definirlo cosi: una persona che crea la sua strada per la crescita, un hacker della crescita, un pirata informatico della crescita, un genio informatico,  uno che trova una scorciatoia per la crescita rapida di un’azienda, uno che trova un varco, che fa leva sulla sua creatività per raggiungere i suoi obbiettivi, uno che mette in atto una “furbata” per raggiungere i suoi obbiettivi.

Questo è quanto. Si tratta di una semplice introduzione al growth hacking, non certo una guida esauriente. Prossimamente troverete altri articoli relativi al growth hacking qui su Wetalia Social Media che ti permetteranno di approfondire l’argomento.

Vuoi saperne di più?

Clicca qui per scaricare la  lista delle 10 migliori risorse sul growth hacking

che puoi trovare in rete.

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About the author / Chiara Grassilli

Latest comments

  • Pietro Fruzzetti
    March 7, 2015 at 10:17 am

    Ti trovo anche qui Chiara e fa piacere leggere i tuoi articoli. Interessante analisi di base dell’argomento! Complimenti! 😉

    • Chiara Grassilli
      March 7, 2015 at 2:29 pm

      Ciao Pietro,
      grazie per essere passato sul mio blog e grazie del commento.
      Cosa ne pensi? Cosa si dice del Growth Hacking in Italia?
      Mi interesserebbe saperne di più…
      Un saluto

      • Pietro Fruzzetti
        March 8, 2015 at 10:50 am

        In realtà di Growth Hacking se ne parla poco come concetto generico ed è un vero peccato. Ah, una segnalazione, il link relativo alla lista delle 10 migliori risorse sul growth hacking che puoi trovare in rete dà un 404. 😉

        • Chiara Grassilli
          March 8, 2015 at 9:24 pm

          Ciao Pietro, ops… non mi ero accorta del 404.
          Grazie mille per la segnalazione, ora dovrebbe essere a posto.
          Fammi sapere cosa ne pensi.
          Un saluto 🙂

  • franco
    May 15, 2015 at 12:17 pm

    Ciao, ma ci cono degli altri libri anche in inglese che si possono leggere sull’argomento e che davvero valgono il tempo dedicato, a parte quello di Ryan?